Afterall è un duo artistico italiano composto dai fratelli Silvia Esposito (Napoli, 1975) ed Enzo Esposito (Napoli, 1977).
Sin dai primi progetti il duo AFTERALL decide di lavorare sui cambi di prospettiva, sugli spostamenti spazio-temporali e sugli “inciampi”, visivi e concettuali, in grado di alterare la percezione nei confronti del già dato e del già conosciuto. La fragilità della memoria, i suoi inganni e alterazioni, sono al centro di opere che si avvalgono di diversi materiali e linguaggi espressivi, dal video all’installazione, dalla fotografia alla performance. In particolare, l’utilizzo della carta carbone si fa in molti dei progetti supporto ideale per evidenziare le inesattezze involontarie nella trasmissione di dati, informazioni, ricordi, capaci proprio nella loro imperfezione di mettere in discussione ciò che è ritenuto certo e, al tempo stesso, di dar vita a nuovi significati in potenza. (Fonte)
Attività e Mostre
Il duo ha esposto in numerose istituzioni pubbliche e private, tra cui:
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino)
Museo MADRE (Napoli)
PAN - Palazzo delle Arti Napoli
Villa Pignatelli (Napoli)
Castel Sant'Elmo (Napoli)
Fondazione Francesco Fabbri (Treviso)
Fondazione Filiberto Menna (Salerno)
Ex Gil (Roma)
Fondazione Sandro Penna (Torino)
Palazzo Arnone (Cosenza)
Ambasciata Italiana di Bruxelles
MARSO e SOMA (Città del Messico)
Le loro opere sono conservate in diverse collezioni museali e private tra cui:
Fondazione Modena Arti Visive
Museo MADRE (Napoli)
Palazzo Arnone (Cosenza)
MUSMA - Museo della Scultura Contemporanea di Matera
Collezione Imago Mundi - Luciano Benetton Collection
Hanno partecipato a eventi internazionali come:
Festival d’Art Numérique in Pays d’Aix et Marseille
XII Biennale dei Giovani Creatori dell'Europa e del Mediterraneo
Art-Athina Contemporaries: Statement Made 2014 (Atene)
Iniziativa Curatoriale Indipendente Marso (Città del Messico)
SPSI Art Museum di Shanghai – IGAV
Mostre personali rilevanti:
"Trentamillesimidisecondo" a cura di Lorenzo Respi, presso AGO Modena Fabbriche Culturali, Fondazione Modena Arti Visive
"Just one damn thing after the other" a cura di Chiara Pirozzi, presso l'Ex Lanificio Borbonico a Napoli
"Lacuna", progetto vincitore del bando Assemblaggi Provvisori, alla Tenuta dello Scompiglio di Lucca
Riconoscimenti
Gli Afterall hanno rappresentato l'Italia alla Biennale del Sudamerica 2014-2015 IGAV – Bienal Fin del Mundo, con esposizioni in Argentina e Cile.
Tra i riconoscimenti ricevuti:
Premio Celeste 2012 (Premio del Curatore)
Bando SOMA Summer 2014, residenza internazionale per artisti visivi a Città del Messico
Finalisti del Talent Prize 2016
Finalisti del Premio Optima 2016
Finalisti del Blumm Prize 2013
Finalisti del Premio Fondazione Fabbri 2012
Sono stati selezionati dalla giuria del concorso "MACRO Artists in residence" e dall'ICI di New York per il Curatorial Intensive Symposium a Città del Messico. Nel 2017, hanno partecipato alla mostra "A house, halfway" della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Nel 2023 hanno presentato la personale "Trentamillesimidisecondo" negli spazi di AGO Modena, Fabbriche Culturali con Fondazione Modena Arti Visive. (Fonte)
Stile
La ricerca in questione si concentra sull'indagine del momento processuale della comunicazione, esplorando la «zona grigia» tra il referente e il significante, un concetto che può essere descritto come un «brusio di senso barthesiano», strettamente legato al tempo presente. Ogni linguaggio tecnico o artistico utilizzato rappresenta una forma di transito, ovvero una traduzione da un codice interpretativo a un altro. Il linguaggio viene quindi considerato non come mera analisi semiologica, ma come uno strumento per un'interpretazione alternativa della contingenza.
Secondo la visione proposta, l'opera è intesa come trasparente, nel senso che non crea un'immagine definita, ma conduce oltre il limite contingente. Essa rappresenta un processo che prende forma attraverso l'interazione con il contesto, il quale si caratterizza per l'osservazione, il rispetto e un attraversamento paziente e costante. La ricerca sottolinea l'esistenza di un'intenzionalità interna, un desiderio intrinseco degli oggetti e degli elementi che compongono un paesaggio, di spazi e costruzioni dal destino incerto, così come delle singole immagini che cercano di stabilire o ripristinare connessioni, formando famiglie e producendo associazioni, simili a come l'immaginazione umana opera.
L'obiettivo principale è quello di creare nuove possibili narrazioni tra oggetti e processi quotidiani, dando vita a una drammaturgia apparentemente autocostruita. Viene così disegnato uno «spazio» in continua trasformazione, mai fissato definitivamente dalla volontà. La ricerca promuove il concetto di spostamento, costruzione e decostruzione, favorendo diverse soluzioni di montaggio, al fine di fare in modo che l'atto della creazione diventi una costante in evoluzione. Il montaggio riveste un ruolo cruciale nella preservazione della discontinuità, nel produrre silenzi e impasse. È quindi essenziale che l'opera si sottragga alla finzione di un'esauriente volontà autoriale, risultando invece indefinita, creando mancanza, incertezza, interrogazione e riflessività. Questo approccio ha portato alla definizione del concetto di «paesaggi involontari».
La ricerca mira a rivolgersi a uno spettatore attivo, definito come sovrano, a cui viene richiesto un contributo autonomo di rielaborazione. Talvolta vengono presentate narrazioni frammentarie, con l'intento di incoraggiare una diffidenza verso versioni ufficiali e definitive. Un tema centrale nell'indagine riguarda l'idea di «monumento fine a se stesso», inteso come un'entità continuamente ri-costruita e riadattata fino a diventare una forma ibrida, un documento in costante riscrittura, una memoria continuamente riattualizzata. Il «documento-monumento» è creato simultaneamente alla narrazione ed è considerato un luogo del desiderio, in quanto non possiede un'esistenza precedente, ma solo una potenzialità.
Ultima mostra personale
L'opera Trentamillesimidisecondo degli Afterall esplora la relazione tra tempo, memoria e gesto attraverso una performance in-visibile che si svolge sia fisicamente nella Farmacia Storica di Modena, sia online in streaming sfalsato. L'atto di trascrivere manualmente testi, assorbendo ogni vibrazione minima, riflette sull'intangibilità del tempo e sulle tracce che esso lascia, creando un'esperienza immersiva che sfida la percezione della temporalità. L'opera coinvolge direttamente il pubblico nella riflessione sul concetto di presenza.
Silvia Jo ed Enzo Esposito
Napoli 1975, 1977
Vivono e lavorano a Napoli
Dopo diverse esperienze in Messico e in diverse città d’Italia, il duo artistico è tornato da diversi anni a basare il proprio spazio di lavoro nella città di Napoli. La pratica di ricerca impostata da Afterall appare il frutto di una metodologia ben rodata, che conduce i due artisti a lavorare parte del tempo in contesti separati – soprattutto nelle fasi di ricerca e di approfondimento teorico – e un’altra parte fisicamente insieme, in uno studio marcatamente di progettazione. La loro ricerca artistica indaga i processi cognitivi sviluppati attraverso il linguaggio e la relazione fra esistenza contingente e memoria collettiva. Tale ricerca si formalizza in opere sempre in bilico tra le dimensioni del macro e del micro, grazie all’utilizzo di differenti media come il video, la fotografia, la scultura e la performance.
La conversazione con gli artisti inizia alcuni giorni prima del nostro incontro, quando Silvia ed Enzo mi inviano per e-mail, invitandomi a leggerle, alcune pagine estratte da Palomar di Italo Calvino. Il loro interesse, ancor più chiaro una volta arrivata nello studio, è di condurre il nostro incontro attraverso una forma partecipata, grazie alla quale possa comprendere, sulla base di piccole forme d’esperienza, le loro attuali ricerche e i progetti in corso.
Lo studio custodisce lavori pregressi o parti di essi – nel caso delle grandi installazioni ambientali realizzate in diversi contesti pubblici e privati – e disegni, appunti, schizzi e bozzetti. Sul battente di una porta c’è una piccola videoproiezione dell’azione performativa realizzata in occasione della mostra personale Lacuna, alla tenuta Dello Scompiglio nel 2016. Su un tavolo in ferro battuto e cristallo è invece posto un foglio di carta, quasi in bilico, sul quale è proiettata l’ombra di una piccola pianta che, a sua volta, si riflette su una parete bianca. Gli artisti sembrano aver posizionato piccoli ‘inciampi’ lungo il mio percorso di visita, creando cortocircuiti fra la casualità di possibili riflessi, posizionamenti d’oggetti e l’allestimento studiato di appunti visivi nello spazio. Nello studio ritrovo una serie di fogli di carta carbone che, forse più di tutti, descrivono il lavoro del duo, e sui quali resta evidente la traccia delle trascrizioni realizzate durante le azioni performative private in occasione di diversi progetti. Oltre alle piccole videoproiezioni, nello studio sono visibili fotografie stampate su medi formati e polaroid: si tratta ancora di materiali che sono parte integrante di lavori installativi realizzati in passato. La conversazione prosegue, all’interno di questo studio luminoso, panoramico e ibrido nel quale gli artisti mi mostrano oggetti e materiali d’archivio, fisico e digitale, inerenti ad alcuni dei loro ultimi progetti, come l’installazione site-specific Trentamillesimidisecondo, a cura di Lorenzo Respi, realizzata per Ago Modena Fabbriche Culturali nel 2021.
Parliamo poi del loro avvicinamento, negli ultimi anni, alle pratiche meditative orientali, riconducibili agli insegnamenti Dzogchen e a quanto tali esercizi, utili per una personale consapevolezza quotidiana, siano entrati nei loro processi di ricerca artistica, andando cioè a intrecciarsi con gli studi di filosofia contemporanea e di fisica quantistica, sui quali si concentrano ormai da tempo. Silvia ed Enzo hanno la capacità di guidarmi in modo esperienziale nella loro speculazione e lo fanno attraverso un coinvolgimento attivo. Mi mostrano disegni su carta e prototipi di opere e progetti in progress, nei quali esplorano le idee di tempo – inteso come sommatoria di tempi coesistenti – di morte – come l’ultimo fra gli scopi possibili della vita – e di traduzione – come passaggio di stato dei significati da un medium all’altro. Mi invitano e mi guidano nel ragionamento sui processi teorici alla base dei loro lavori, fornendomi spunti letterari e filosofici, nei quali risulta evidente una linea di ricerca comune rintracciabile in progetti anche temporalmente distanti.
(...)
Formatosi nel 2004, il duo Afterall ha spesso lavorato sul tema della scrittura, prediligendo la trasformazione – la trascrittura – della parola in altro da sé, simile o completamente diverso. Nel 2021, seduti da una parte e dall’altra di un tavolo dell’antica Farmacia Storica dell’ex Ospedale Sant’Agostino, ricopiarono a mano, su carta carbone, la calligrafia seicentesca della Cronaca di Modena di Giovan Battista Spaccini. «Nel nostro lavoro percorriamo la suggestione delle immagini, consapevoli dell’età digitale del nostro tempo, in cui qualsiasi frammento dell’esistenza può essere rilevato e rivelato all’istante, consumato, tanto da confondere realtà e immagine», spiegavano in quella occasione.
In questo caso, il passaggio è immediato, l’unica e illimitata coordinata spaziale e temporale dei Social Network. Le parole del quotidiano e le sue esperienze, tanto più suggestive in quanto condivisibili, si immettono nel flusso di Twitter, diluendo il racconto che, ogni giorno, si intreccia sulle home page e sulle bacheche.
La performance di texting ha restituito il breve periodo di residenza degli Afterall al MUSMA, durante il quale il duo napoletano è entrato in relazione con la comunità di Matera. Gli artisti hanno chiesto alle persone di accedere alle cronologie dei computer e dei dispositivi, per appropriarsi di questa materia impalpabile eppure sempre presente della memoria, quella individuale e quella della cache dei browser. Come degli objet trouvé, questi “reperti”, diventati anonimi, perduto ogni riferimento biografico, sono quindi andati a comporre un’installazione da scorrere sullo schermo, da attraversare tra migliaia di parole diverse e dello stesso peso di una stringa di codice.
La vertigine della lista
«Lo Stato di Presenza degli Afterall è vertigine della lista e sfida al caos nel tentativo di tramutare gli infiniti sentieri del senso, dell’attimo, della noia, in una configurazione organica che funga da diario del quotidiano ma anche registro di un immutabile presente», scrive nel testo critico Tommaso Evangelista. «Anche se la rete è potenzialmente generativa e immortale, l’archivio, come inteso dagli artisti, è un tumulo (monumento?), perché, nonostante la disposizione all’evoluzione, le frasi che accoglie estratte dai social intrattengono un rapporto con la fine replicando all’infinito gli stereotipi personali», continua Evangelista. «In un’epoca di incertezze sul rapporto tra realtà e rappresentazione, informazione e memoria, l’operazione degli Afterall è quasi un’istruzione per abitare il margine, andando ad occupare il luogo privilegiato dell’arte attuale, ovvero il quotidiano digitalizzato».
Biografia degli Afterall
AFTERALL è il nome del duo artistico composto dai fratelli Esposito, Silvia (Napoli) e Enzo (Napoli). Dalle prime esperienze nel 2004, il duo ha esposto in diverse Istituzioni pubbliche, tra cui: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino), Museo MADRE e PAN, Villa Pignatelli, Castel Sant’Elmo (Napoli), Fondazione Francesco Fabbri (Treviso), Fondazione Filiberto Menna (Salerno), Ex Gil (Roma), Fondazione Sandro Penna (Torino), Palazzo Arnone di Cosenza, Ambasciata Italiana di Bruxelles.
Le opere degli Afterall fanno parte di diverse collezioni museali permanenti: della Fondazione Modena Arti Visive, del Museo MADRE di Napoli, del Palazzo Arnone di Cosenza, del MUSMA di Matera, oltre che private (Imago Mundi-L. Benetton Collection). Il duo ha partecipato al Festival d’Art Numrique in Pays d’Aix et Marseille, alla XII Biennal des Jeunes Createurs de l’Europe et de la Mediterran e, all’Art-Athina Contemporaries: Statement Made 2014 (Atene), all’Iniziativa Curatoriale Indipendente Marso (Città del Messico), all’SPSI Art Museum di Shanghai – IGAV, alla Collezione Imago Mundi-Luciano Benetton Collection.
Nel 2016 si susseguono due personali: “just one damn thing after the other” nello spazio di duecento metri quadri dell’Ex Lanificio Borbonico a Napoli e “Lacuna”, progetto vincitore del bando Assemblaggi Provvisori, alla Tenuta dello Scompiglio di Lucca. Il duo ha quindi rappresentato l’Italia alla Biennale del Sudamerica 2014-2015 IGAV – Bienal Fin del Mundo, esponendo in Argentina e Cile. Gli Afterall sono vincitori del Premio Celeste 2012 (Premio del Curatore), vincitori del bando SOMA Summer 2014, residenza internazionale per artisti visivi in Città del Messico (Messico), selezionati dalla giuria critica del Social Contract 2017, finalisti del Talent Prize 2016, Premio Optima 2016, Blumm Prize 2013 e Premio Fondazione Fabbri 2012. Segnalati dalla giuria del concorso «MACRO Artists in residence» e selezionati dal ICI di New York per il Curatorial Intensive Symposium: Mexico City e nel 2017 dai curatori del programma YCR della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per la mostra finale “A house, halfway”.
Recente la personale “Trentamillesimidisecondo” negli spazi di AGO Modena, Fabbriche Culturali con Fondazione Modena Arti Visive.
Silvia Jo ed Enzo Esposito
Napoli 1975, 1977
Vivono e lavorano a Napoli
Dopo diverse esperienze in Messico e in diverse città d’Italia, il duo artistico è tornato da diversi anni a basare il proprio spazio di lavoro nella città di Napoli. La pratica di ricerca impostata da Afterall appare il frutto di una metodologia ben rodata, che conduce i due artisti a lavorare parte del tempo in contesti separati – soprattutto nelle fasi di ricerca e di approfondimento teorico – e un’altra parte fisicamente insieme, in uno studio marcatamente di progettazione. La loro ricerca artistica indaga i processi cognitivi sviluppati attraverso il linguaggio e la relazione fra esistenza contingente e memoria collettiva. Tale ricerca si formalizza in opere sempre in bilico tra le dimensioni del macro e del micro, grazie all’utilizzo di differenti media come il video, la fotografia, la scultura e la performance.
La conversazione con gli artisti inizia alcuni giorni prima del nostro incontro, quando Silvia ed Enzo mi inviano per e-mail, invitandomi a leggerle, alcune pagine estratte da Palomar di Italo Calvino. Il loro interesse, ancor più chiaro una volta arrivata nello studio, è di condurre il nostro incontro attraverso una forma partecipata, grazie alla quale possa comprendere, sulla base di piccole forme d’esperienza, le loro attuali ricerche e i progetti in corso.
Lo studio custodisce lavori pregressi o parti di essi – nel caso delle grandi installazioni ambientali realizzate in diversi contesti pubblici e privati – e disegni, appunti, schizzi e bozzetti. Sul battente di una porta c’è una piccola videoproiezione dell’azione performativa realizzata in occasione della mostra personale Lacuna, alla tenuta Dello Scompiglio nel 2016. Su un tavolo in ferro battuto e cristallo è invece posto un foglio di carta, quasi in bilico, sul quale è proiettata l’ombra di una piccola pianta che, a sua volta, si riflette su una parete bianca. Gli artisti sembrano aver posizionato piccoli ‘inciampi’ lungo il mio percorso di visita, creando cortocircuiti fra la casualità di possibili riflessi, posizionamenti d’oggetti e l’allestimento studiato di appunti visivi nello spazio. Nello studio ritrovo una serie di fogli di carta carbone che, forse più di tutti, descrivono il lavoro del duo, e sui quali resta evidente la traccia delle trascrizioni realizzate durante le azioni performative private in occasione di diversi progetti. Oltre alle piccole videoproiezioni, nello studio sono visibili fotografie stampate su medi formati e polaroid: si tratta ancora di materiali che sono parte integrante di lavori installativi realizzati in passato. La conversazione prosegue, all’interno di questo studio luminoso, panoramico e ibrido nel quale gli artisti mi mostrano oggetti e materiali d’archivio, fisico e digitale, inerenti ad alcuni dei loro ultimi progetti, come l’installazione site-specific Trentamillesimidisecondo, a cura di Lorenzo Respi, realizzata per Ago Modena Fabbriche Culturali nel 2021.
Parliamo poi del loro avvicinamento, negli ultimi anni, alle pratiche meditative orientali, riconducibili agli insegnamenti Dzogchen e a quanto tali esercizi, utili per una personale consapevolezza quotidiana, siano entrati nei loro processi di ricerca artistica, andando cioè a intrecciarsi con gli studi di filosofia contemporanea e di fisica quantistica, sui quali si concentrano ormai da tempo. Silvia ed Enzo hanno la capacità di guidarmi in modo esperienziale nella loro speculazione e lo fanno attraverso un coinvolgimento attivo. Mi mostrano disegni su carta e prototipi di opere e progetti in progress, nei quali esplorano le idee di tempo – inteso come sommatoria di tempi coesistenti – di morte – come l’ultimo fra gli scopi possibili della vita – e di traduzione – come passaggio di stato dei significati da un medium all’altro. Mi invitano e mi guidano nel ragionamento sui processi teorici alla base dei loro lavori, fornendomi spunti letterari e filosofici, nei quali risulta evidente una linea di ricerca comune rintracciabile in progetti anche temporalmente distanti.
Lateralità dello sguardo, ricerca delle potenzialità dell’errore come fonte di conoscenza, attenzione al residuale e alle forme di disturbo nei processi di percezione e comunicazione, interferenza tra codici diversi, sono elementi costanti nella ricerca di AFTERALL, duo artistico composto dai fratelli Silvia Viola ed Enzo Esposito (Napoli, 1975; 1977), costituitosi ufficialmente nel 2008.
Sin dai primi progetti il duo AFTERALL decide di lavorare sui cambi di prospettiva, sugli spostamenti spazio-temporali e sugli “inciampi”, visivi e concettuali, in grado di alterare la percezione nei confronti del già dato e del già conosciuto. La fragilità della memoria, i suoi inganni e alterazioni, sono al centro di opere che si avvalgono di diversi materiali e linguaggi espressivi, dal video all’installazione, dalla fotografia alla performance. In particolare, l’utilizzo della carta carbone si fa in molti dei progetti supporto ideale per evidenziare le inesattezze involontarie nella trasmissione di dati, informazioni, ricordi, capaci proprio nella loro imperfezione di mettere in discussione ciò che è ritenuto certo e, al tempo stesso, di dar vita a nuovi significati in potenza.
L’opera entrata in collezione al Madre nell’ambito del progetto Per_formare una collezione. Per un archivio dell’arte in Campania, intitolata Just One Damn Thing After The Other_06 (“Solo una dannata cosa dopo l’altra_06”), è parte dell’omonimo progetto presentato nel 2016 presso la Galleria Dino Morra di Napoli e ruota intorno alla riflessione sulla dicotomia “Documento/Monumento” che incarna la labilità del concetto di verità storica. A partire da un’analisi puntuale su materiali e documenti d’archivio, gli AFTERALL concentrano la propria attenzione sul Monumento ai Caduti del mare, situato sul lungomare di via Caracciolo e conosciuto dai napoletani come “La colonna spezzata”. Concepito per essere un monumento all’Ammiraglio Francesco Caracciolo, ne fu realizzato solo un bozzetto utilizzando un ritratto del fratello dell’ufficiale, non avendo a disposizione una sua immagine; tuttavia, il busto definitivo non fu mai ultimato e il suo basamento accolse infine una pesante colonna di marmo, la cui vicenda storica si confonde tra verità e mistificazioni.
Ragionando sulla storia del monumento, il suo ingombro fisico e il suo sfuggente significato simbolico, gli AFTERALL realizzano una struttura in legno grezzo che ne rispetta le dimensioni originarie, idealmente imbrigliandolo in una gabbia e ruotandolo dalla dimensione verticale a quella orizzontale. La realizzazione della colonna “al negativo”, che con il suo vuoto mette in crisi la solidità e stabilità che si addice all’idea stessa di monumento, è accompagnata dalla presentazione di frammenti di materiali di archivio, indice di una ricerca che, a partire dal soggetto-matrice della colonna, si allarga alla storia della città di Napoli e alla sua topografia, attingendo a immagini e materiali a stampa d’epoca. Fotografati e ristampati, tali documenti diventano dettagli incastonati nel vetro e montati tra loro, tracce di un racconto discontinuo e parziale per porre in evidenza le mancanze e le imperfezioni della cosiddetta “storia ufficiale”, mostrandone la sua natura più sfaccettata, il suo essere in realtà una costellazione di micronarrazioni, alcune delle quali ancora da decifrare.