Silvia Jo Esposito e Enzo Esposito
Dalla recente pandemia, abbiamo scelto di rallentare la nostra partecipazione a mostre ed a esposizioni artistiche per dedicare più tempo allo studio e alla ricerca. Questa decisione è stata guidata dalla consapevolezza che viviamo in una società dominata dalla logica della prestazione, a un'arte che vuole soltanto piacere, che spinge gli individui verso un autosfruttamento costante, riducendo il tempo necessario per riflettere e creare con autentica profondità.
Durante questo periodo, abbiamo attraversato una trasformazione personale significativa accompagnata dalla crescita e nascita dei nostri rispettivi figli, Leonardo e Pietro Lu, un’esperienza che ha ridefinito il nostro rapporto con il tempo, il lavoro e la vita quotidiana. Parallelamente, ci siamo immersi nello studio, nell’osservazione delle dinamiche sociali contemporanee, in cui l’individuo è intrappolato in un ciclo incessante di produttività, diventando al tempo stesso sfruttatore e vittima di se stesso. Questo modello, centrato sull’autoperfezionamento e sulla ricerca ossessiva di riconoscimento esterno, secondo noi, genera un’esistenza priva di consapevolezza e senso autentico, conduce a un esaurimento interiore.
Abbiamo riconosciuto la necessità di sottrarci a questa logica per riscoprire il valore del tempo come spazio di riflessione, di ascolto e di connessione autentica con noi stessi e con gli altri. La spiritualità ha assunto un ruolo cruciale nel nostro percorso, offrendoci un’alternativa alla cultura della prestazione, riscoprendo il valore del silenzio, della lentezza e della contemplazione.
Questa prospettiva ha influenzato profondamente la nostra pratica artistica, in questi anni ci ha spinto ancor di più ad esplorare l’oggetto della nostra indagine studiando e confrontandoci con la Comunità Dzogchen Internazionale, la quale laicamente si basa sui principi della consapevolezza e del rispetto.
Anche la scelta, per entrambi, di ricoprire il ruolo di docenti nella scuola italiana superiore ha vissuto profondamente gli effetti di queste riflessioni: insegnare è diventato una forma di resistenza, il nostro contributo sociale integrato, un gesto deliberato che unisce arte ed educazione in un processo orizzontale e comunitario. Non concepiamo l’educazione come una trasmissione meccanica di nozioni, ma come uno spazio di apprendimento condiviso, dove il sapere non è imposto, bensì co-costruito. Nei laboratori che conduciamo, spesso 'fuori registro' e 'fuori orario', ci impegniamo a creare ambienti in cui le informazioni prendono forma attraverso attività collaborative. I partecipanti non sono meri destinatari, ma co-creatori, e il processo stesso diventa un’opportunità per coltivare consapevolezza, ascolto e complessità.
Per noi, l’arte rappresenta uno spazio spirituale, un luogo dove vita quotidiana e professionale sono un unicum. In questo spazio, l’individuo può ritrovare la propria voce, può provare a riconnettersi con il tempo interiore.
In questo contesto, l’arte e l’educazione si intrecciano, offrendo una risposta critica e creativa alla società contemporanea. Entrambe diventano spazi di scoperta, in cui è possibile abbracciare la lentezza, dare valore al tempo e spazio a una dimensione autentica di relazione e crescita personale.
Silvia Jo Esposito e Enzo Esposito
Arte e spiritualità | Società della prestazione | Tempo e contemplazione | Lentezza nella creazione | Autosfruttamento culturale | Insegnamento come resistenza | Educazione collaborativa | Ricerca artistica consapevole | Relazione tra arte e tempo | Trasformazione personale e sociale
#SocietàDellaPrestazione #TempoEContemplazione #LentezzaNellaCreazione #Autosfruttamento #InsegnamentoResistente #EducazioneCollaborativa #RicercaArtistica #ArteETempo #TrasformazionePersonale #ArteContemporanea #SlowArt #SlowLiving #CrescitaPersonale #InsegnareResistenza #ArteComeSpiritualità #CulturaDellaLentezza #ConsapevolezzaInteriore #TrasformazionePersonale #LogicaDellaPrestazione #ArteComunitaria #TempoAutentico #SpaziDiCrescita #AlternativaCritica